L’aiuto alla montagna passa anche dal recupero di una vacca. Dal ritorno alla nostra mucca, quella «Bruna alpina originale» che per secoli è stata la principale fonte di sostentamento anche delle comunità orobiche, da cui nacquero stracchini, formaggi di monte, Taleggio, Bitto e Branzi. Una razza, però, oggi in via di estinzione, soppiantata da una ventina d’anni, in nome del profitto e del commercio, da altre più «lattifere» come la Bruna (un incrocio americano), la Pezzata Rossa o la Frisona.
Da Lenna e in Val Brembana ora parte la riscossa della Bruna alpina originale (Original Braunvieh come è conosciuta a livello internazionale): tre allevatori, Nicolò Quarteroni di Lenna, Ignazio Carrara di Serina e Alfio Sassella di Talamona (Sondrio), hanno fondato l’associazione che mira alla costituzione di un Libro genealogico della razza, alla sua salvaguardia e diffusione su tutto l’arco alpino. La sede operativa è all'agriturismo Ferdy di Lenna, una quarantina, finora, gli allevatori associati, 11 le aziende che producono anche formaggi e carne, in Val Brembana, Valle Seriana, Valtellina, nel Bresciano e in Piemonte, e potranno fregiarsi del marchio «Qui prodotti di Bruna Alpina originale». «Prodotti che avranno un prezzo più alto della filiera industriale – spiega il vicepresidente Quarteroni – ma che avranno dei valori aggiunti: acquistando un formaggio di Bruna alpina si aiuterà la sostenibilità dell’agricoltura in montagna, il recupero del territorio, il benessere animale, la tradizione, il cibo sano e la nostra salute. Elementi tutti fissati nel nostro statuto».
I capi di Bruna alpina originale, animale più rustico e adattabile all’alpeggio delle altre razze, dovrà per regolamento pascolare liberamente per almeno 90 giorni l’anno, quindi cibarsi esclusivamente di erba, in inverno, invece, principalmente con fieno: elementi che, confermati anche dagli studi, danno qualità salutistiche maggiori a latte e derivati. Niente allevamenti intensivi, quindi, ma libertà di pascolo, spesso mungitura a mano e soprattutto benessere animale, evidenziato anche nella presenza di un toro aziendale per la monta naturale nelle aziende aderenti al progetto.
«Tutto questo - prosegue Quarteroni - si traduce anche in un recupero del territorio, visto che la razza si adatta a pascoli spesso abbandonati. E nella sostenibilità del progetto: i prodotti hanno prezzi alti, ma di qualità superiore». Un progetto e una qualità riconosciuta e sostenuta da tempo da Regione Lombardia e dall’Unione Europea che, per i prossimi cinque anni, aiuterà gli allevatori di Bruna Alpina, riconosciuta come razza in via di estinzione, con 400 euro di contributo a capo. «Anche l’Associazione nazionale allevatori razza bruna italiana (Anarb) si sta impegnando per definire l’esatta morfologia della razza – prosegue Quarteroni – e alla prossima fiera nazionale di Verona della Bruna italiana saremo presenti con l’associazione».
Associazione che, proprio in queste settimane, sta delineando attività future: sono online sito web (www.brunaalpinaoriginale.com) e gruppo Facebook (19 mila adesioni) e pronti anche i loghi per soci, produttori e supporter, realizzati da «Ardesia studio» di Bergamo. «Oltre agli allevatori – conclude il vicepresidente - abbiamo infatti anche tanti sostenitori che condividono il nostro progetto e i valori che porta con sé. Anche a loro il nostro grazie, perché sostenendo la “nostra” vacca aiuteranno la montagna».